Impressioni e sensazioni dopo la visita del Giardino Botanico ‘Caplez’
Amo da sempre il grande fiume con il suo lento e maestoso scorrere tra pianura e rilievi.
Se credessi nella reincarnazione sarei certo di aver vissuto vite precedenti lungo i suoi argini e sull’Appennino che fa da sfondo alla riva destra.
Ed è in un bosco di queste colline che Massimo e Cristina hanno incastonato un autentico giardino botanico armonizzando con discrezione e maestria flora autoctona e nuove essenze.
Il termine di giardino botanico evoca istintivamente l’immagine di spazi conclusi con imponenti cancelli barocchi, sorvegliati a vista da busti di severi scienziati e benefattori d’altri tempi.
Al contrario l’ingresso del giardino botanico ‘Caplez’ ricorda quello di un cottage inglese e solo l’inequivocabile insegna conferma la meta raggiunta.
A dare il benvenuto è un magnifico esemplare di Lonicera tatarica ‘Hack’s Red’ che con l’opulenza della sua coloratissima fioritura invita alla visita e nel contempo sdrammatizza l’importanza delle collezioni botaniche; ad esempio le varietà di Spiraea e Philadelphus compongono una raccolta tra le più importanti e complete del mondo.
La convivenza tra bosco nativo e le varietà introdotte modulata dalla mano dei creatori è talmente simbiotica che se non fosse per la presenza di professionali targhette di classificazione potremmo pensare di trovarci in un ecosistema spontaneo (ecco che emerge la componente divina del giardiniere quando mima la creazione biblica di un eden personale) e le piante delimitano percorsi erbosi che convergono al sommo di una collina da cui lo sguardo spazia dall’Oltrepo pavese a quello piacentino.
Personalmente non amo le Spiraea per retaggi della memoria che mi riportano agli squallidi giardini del boom economico con il povero cespuglio costretto a farsi strada tra coloratissime rose ad alberello spesso all’ombra di improbabili Araucarie mentre del Philadelphus conservo il ricordo del penetrante profumo che improvvisamente t’investiva oltre le recinzioni e che ancora oggi mi riporta sinestesie fulminanti.
Massimo e Cristina non si sono limitati a creare bellezza ma intrattengono rapporti con numerosi orti botanici del mondo da cui ricevono e forniscono semi che germinano in una serra e in numerose seminiere da cui l’appassionato giardiniere ha sempre qualcosa da imparare e fortunatamente da attingere (anche se con la severe supervisione di Massimo giustamente geloso come un seed saver integralista).
Lascio questa incantevole dimensione nell’ora bastarda del tramonto, metafora quotidiana dell’inesorabile trascorrere del tempo e mi domando giusto per farmi del male, se questi microcosmi sopravvivranno ai loro creatori; “la bellezza salverà il mondo” affermava il principe Miskin nell’idiota di Dostoevskij ma il mondo salverà la bellezza? o più realisticamente nei giardini abbandonati la crudele selezione naturale riprenderà il suo domino?
Nel caso del giardino botanico ‘Caplez’ forse in un lontano futuro si assisterà alla lotta impari tra Spiraea e Robinie, tra Philadelphus e Frassini e le cronache di un’era ancor più lontana riporteranno la notizia di un inspiegabile endemismo di Philadelphus sui rilievi appenninici ….. che per un dio giardiniere non è soddisfazione da poco.
Auguri a Massimo e Cristina con un grazie per aver contribuito alla salvezza del mondo.
Gianfranco giardiniere
Dott.Prof.Gianfranco Cattaneo
Primario cardiologo Ospedale Alzano Lombardo (BG)
‘Caplez’, aprile 2012